THE HATEFUL EIGHT - Dieci piccoli indiani in un emporio


Reputo Quentin Tarantino un regista davvero particolare: attraverso un enorme sistema di citazioni cinematografiche, crea storie e personaggi indimenticabili. Ho già avuto modo di vedere i due "Kill Bill", "Django Unchained" e "Pulp Fiction".
Per vari motivi, non sono riuscito a beccare "The Hateful Eight" al cinema.
Dopo averlo visto su Netflix, attraverso il piccolo schermo del mio tablet, rosico ancora di più per aver perso quell'opportunità.
Mischiando western, elementi crime stile "Dieci Piccoli Indiani" e violenza alla "Battle Royale", il buon Quentin crea un film più lungo del solito ma pieno di elementi interessanti.

Trama: John Ruth vuole portare una criminale, Daisy Domergue, a città di Red Rock, così da poterla far giustiziare e intascare la sua taglia. Durante il tragitto, i due incontrano un altro cacciatore di taglie, Marquis Warren, anch'esso diretto a Red Rock.
Tuttavia, una forte tempesta di neve è in agguato e il trio è costretto a rifugiarsi in un emporio insieme ad altre misteriose persone... 

Diretto e scritto da Quentin Tarantino e uscito nel 2015, "The Hateful Eight" è un film western.

Gli otto personaggi del titolo sono:
- John Ruth (Kurt Russell), detto "Il Boia"
- Marquis Warren (Samuel L. Jackson)
- Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh)
- Chris Mannix (Walton Goggins), uno sceriffo
- Señor Bob (Demian Bichir), bizzarro messicano che gestisce l'emporio
- Oswaldo Mobray (Tim Roth), boia di professione e non di soprannome
- Joe Gage (Michael Madsen), viandante
- Sandy Smithers (Bruce Dern), generale in pensione

A essi si aggiungono O.B. Jackson (James Parks), cocchiere che trasporta Ruth, Marquis e Daisy, e altri interessanti personaggi che preferisco rivelare perché sarebbe troppo spoiler.
Perché sono definiti "Gli 8 odiosi"? Bisogna vedere il film per capirlo.

Nonostante alcuni personaggi appaiano o abbiano più spessore di altri, è impossibile definire un protagonista assoluto. Già questo è un elemento a favore del film.
Partiamo dal presupposto che Kurt Russell è Samuel L. Jackson sono due miti a prescindere. Entrambi hanno interpretato dei ruoli iconici e non è la prima volta che lavorano per Tarantino (Russell è stato il grande villain di "Grindhouse", mentre Jackson si è girato quasi tutti i suoi set, rimanendo nella storia grazie al monologo che recita in "Pulp Fiction"). Vederli quindi insieme è una vera figata. I loro personaggi sono davvero interessanti, diversi ma con alcuni punti in comune. Rispetto per Jackson che è riuscito, per la prima volta, a trasmettermi terrore (di solito mi si illuminano gli occhi, quando appare) con un inquietantissimo monologo.
Daisy è l'unico personaggio femminile importante ed è un vero emblema. Essendo criminale, viene maltrattata da buona parte del cast. Nonostante sia estremamente odiosa, ha molte sfaccettature ed è ben interpretata dalla Leigh (che ha conquistato una meritata nomination agli Oscar).
A sorprendermi di più è stato il personaggio di Chris, presentato inizialmente come un cretino. Tuttavia, con l'avanzare della storia, evolve davvero bene.
Tim Roth, come sempre, si fa rispettare, anche se ammetto che il suo personaggio poteva essere sfruttato un pochino di più. 
Nonostante abbia visto tante volte "Kill Bill", ho avuto difficoltà a riconoscere Madsen, soprattutto perché assomigliava molto a Severus Piton, ma in abiti pistoleri. Forse è proprio il suo personaggio quello che ho trovato un po' insipido, rispetto agli altri (simpatici anche il messicano e il vecchio generale razzista).
Nonostante sia un cast ristretto, rispetto agli altri film tarantiniani, è caratterizzato molto bene, soprattutto alcuni personaggi. Avendoli apprezzati pressoché tutti e immaginando cosa sarebbe successo nella seconda parte del film, ho provato molta ansia nel tentare di capire chi sarebbe sopravvissuto e chi no. 

La storia è puramente tarantiniana: un gruppo di personaggi, per vari motivi, comincia a farsi del male a vicenda.
Tutto comincia con l'incontro tra Ruth, Daisy e Marquis, poi spostarsi all'emporio, dove il grosso della faccenda si sviluppa e finisce.
All'inizio sappiamo poco del resto dei personaggi, ma con il passare del tempo, ogni nodo viene al pettine.
La bufera di neve ha un ruolo molto importante nel film perché permette lo svolgersi della trama. 
Ovviamente, sin da quando tutti i personaggi entrano nel rifugio, si capisce che niente andrà per il verso giusto. Sono tutti dei caratteri difficili, basta il minimo attrito e può scoppiare il casino. Puntualmente la bomba esplode e arriva il vero momento tarantiniano: sparatorie, violenza e litri di sangue sparsi in maniera splatter.
Molto interessante l'elemento crime: a un certo punto avvengono degli eventi, ma non si sa chi li abbia commessi. Sta ai superstiti scoprire il colpevole prima che i morti aumentino.
Ci sono molti colpi di scena e tutti funzionano alla grande. L'imprevedibilità regna sovrana, in "The Hateful Eight".
Come di consueto, ci sono anche delle scene flashback utilissime per capire alcuni pezzi di trama. 
Il finale è ottimo, coerente con la visione e lo stile di Tarantino. 
Rispetto agli altri film, la violenza fisica ma anche psicologica è molto più alta, tanto da risultare provocatoria (per esempio, Daisy, nonostante sia donna, subisce continui soprusi fisici e viene ripetutamente insultata, mentre Marquis, essendo l'unico nero, rappresenta l'elemento razziale ma in maniera inaspettata).

La sceneggiatura è inutile giudicarla, Tarantino è sempre uno dei migliori, quando si tratta di creare dei dialoghi. Ogni battuta coinvolge, ci sono molti momenti di tensione ma anche scene ironiche. Ovviamente la volgarità raggiunge livelli molti alti. 
I personaggi sono ben caratterizzati e la storia, divisa in capitoli, intriga e non annoia affatto (nonostante il film duri due ore e mezza!)

Uno dei tratti distintivi di Tarantino è la violenza. Nelle sue scene non si risparmia in sangue, gore e cattiveria. Ormai la cosa è chiara, quindi chi è troppo sensibile forse non dovrebbe vedere questo film. 

Le ambientazioni sono ridotte, rispetto al resto del corpus cinematografico tarantiniano. L'emporio e la neve regnano per tutto il film. Un luogo così ristretto aumenta il senso di claustrofobia e di ansia, quest'ultima già massicciamente presente per tutto il film. Fa sembrare questo film molto "teatrale". Menzione speciale ai fantastici abiti, che rispecchiano molto bene l'epoca della storia (anni seguenti alla guerra civile americana).
Ottima colonna sonora, composta da un nostro orgoglio italiano, Ennio Morricone. 

Finora, Quentin Tarantino mi ha sempre intrattenuto con stile e originalità. "The Hateful Eight" presenta personaggi lontani dal tipico eroe cinematografico (come in tutti gli altri film del regista, del resto), una storia semplicissima ma piena di sfumature, tutto condito con la classica violenza splatter.
Continua così, Quentin, perché già attendo con ansia il tuo prossimo film. 

RedNerd Andrea

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