UN AFFARE DI FAMIGLIA - Voler bene a personaggi negativi? Si può.


Continua la mia rubrica dedicata ai film del maestro Hirokazu Koreeda. Che ci posso fare, è amore allo stato puro. 
In questo post mi occuperò del suo nuovo film, "Un affare di famiglia", che ha conquistato critica e pubblico, me compreso ovviamente.

Trama: Osamu e sua moglie Nobuyo, insieme al figlio Shota, conducono una vita molto povera e sono costretti ad "arrotondare" con la pensione della nonna e con furti al supermercato. Un giorno Osamu e Shota trovano Yuri, una bambina apparentemente senza fissa dimora. La famiglia cercherà di adottare, a modo suo, la figlia senza stravolgere la loro vita quotidiana...

Scritto e diretto da Hirokazu Koreeda, "Un affare di famiglia" (conosciuto in tutto l'occidente con il titolo di "Shoplifters", mentre in Giappone è conosciuto come "Manbiki Kazoku") è un film prevalentemente drammatico.

La famiglia Shibata è protagonista della storia ed è composta da Osamu (Lily Franky), sua moglie Nobuyo (Sakura Andò), il figlio Shota (Kairi Jō), la sorella di Nobuyo, Aki (Mayu Matsuoka), e la nonna Hatsue (Kirin Kiki). Altri personaggi importanti sono la trovatella Yuri (Miyu Sasaki) e "Signor Numero 4" (Sosuke Ikematsu), un cliente di Aki.

Cominciamo subito col dire che gli Shibata sono lontani dall'essere una famiglia modello giapponese: I coniugi lavorano in maniera precaria, il figlio non va a scuola, Aki guadagna soldi facendo un lavoro poco dignitoso e la nonna, più che un parente di cui prendersi cura sembra essere un mero sussidio economico. A causa di questa situazione economica abbastanza problematica, Osamu e Shota si ritrovano a rubacchiare cibo al supermercato e oggetti da poter rivendere a buon prezzo. In pratica, la storia verte su personaggi dalla morale tutt'altro che positiva. Tuttavia, non vengono raffigurati come criminali o persone spregevoli, ma come una famiglia qualunque, che scherza, va in giro e mangia riunita intorno alla tavola. Nonostante quello che facciano è logicamente sbagliato, ho sviluppato comunque un forte affetto nei loro confronti e mi sono immedesimato in loro. Alla fine agiscono per un motivo comprensibile. 
Osamu è imprevedibile, Nobuyo è grezza ma con un gran cuore, Shota è adorabile, Aki è un'adolescente costretta a diventare adulta in fretta ma incapace a evitare i problemi tipici delle liceali, mentre Hatsue è la nonnina adorabile che vuole bene a tutti. 
La piccola Yuri porta una ventata di tenerezza e innocenza nella famiglia disastrata, mentre "Signor Numero 4" contribuisce a presentare uno spaccato su una problematica generazione moderna dei giovani. 
A livello caratteriale, ogni personaggio è pieno di sfumature e Koreeda, nel corso della storia, ce ne presenta molte altre. È estremamente difficile riuscire a inquadrare e giudicare completamente un personaggio, sia riguardo la sua personalità che le sue azioni. 
A livello di performance, niente da dire, come sempre. Ogni attore recita con una naturalezza rara, senza esagerare nelle espressioni. Sembra di vedere un documentario. 
In realtà, a regnare sul film sono i due attori piccoli, dolcissimi e intensi. Nonostante ogni attore sia bravissimo, è impossibile non rimanere impassibili all'energia che emanano Shota e Yuri. Sono loro due i veri protagonisti. Koreeda, nella maggior parte dei suoi film ("Nobody Knows" e "I Wish" ne sono un esempio lampante), rende speciali i suoi marmocchi e li dota di uno spessore che difficilmente si incontra in buona parte del panorama cinematografico. Ha un dono.

La storia è molto semplice: la famiglia Shibata ha problemi ad andare avanti economicamente e cerca di sopravvivere ricorrendo a mezzi poco corretti come i furti. Un giorno Shota e Osamu trovano la piccola Yuri e decidono di adottarla.
In pratica, durante il film assistiamo alle giornate tipo di ogni membro della famiglia (Osamu, Nobuyo e Aki lavorano, Shota a parte assistere il padre non fa nulla, nemmeno va a scuola, la nonna prega per il marito defunto) nel corso di vari mesi. Nel mentre, vediamo anche come la famiglia, soprattutto Shota, si abitua alla presenza della tenera trovatella.
Le scene dei furtarelli nei negozi mettono un po' ansia perché c'è sempre la paura che gli Shibata vengano scoperti. Nonostante non siano personaggi al 100% positivi, è impossibile non affezionarsi a loro.
Nel corso del film, avvengono dei cambiamenti molto importanti, sia riguardo la vita che il carattere dei personaggi e la storia raggiunge con tranquillità una conclusione prevedibile ma non per questo poco coinvolgente. 

Ogni scena viene rappresentata con semplicità, come ho già detto sembra di vedere un documentario sulla vita di una famiglia molto particolare. Niente astrattismi o stilizzazioni, solo riprese che mostrano la scena così come deve essere.
Molto interessanti le sottotrame legate a ogni singolo personaggio (la famiglia di Yuri, i segreti di Osamu e Nobuyo, il rapporto che Aki instaura con un suo cliente etc), alcune delle quali sembrano non avere spiegazione fino alla fine.
L'imparzialità con cui Koreeda mostra i suoi personaggi fa pensare molto: gli Shibata sono persone cattive? Agiscono secondo una causa giustificabile? Le persone esterne a loro sono buone o peggio di loro?

La sceneggiatura è semplice, con battute spontanee e in grado di rappresentare al meglio i personaggi che le dicono. La storia scorre in maniera davvero tranquilla, senza annoiare, e i personaggi sono rappresentati davvero bene.

A parte una melodia ricorrente ma un pochino inquietante, il film non è caratterizzato fortemente da una colonna sonora. Non è la prima volta che Koreeda sfrutta poco la musica e la scelta si rivela molto azzeccata, perché è una storia che non ha bisogno di musiche per essere raccontata, ma solo dei suoi personaggi.

Hirokazu Koreeda dimostra che si può creare un bellissimo film senza ricorrere a effetti speciali, musiche epiche o drammaticità esagerata, specialmente in questo caso: "Affari di Famiglia" mostra al suo pubblico dei personaggi particolari ma molto apprezzabili e una storia che fa riflettere sotto molto punti, grazie anche a una regia semplice ma schietta. Mi fa davvero piacere che il film abbia vinto la Palma d'oro al Festival di Venezia.

RedNerd Andrea

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