CINEMA: MANIFESTO - Cate Blanchett è vita.




Chi non conosce Cate Blanchett? Io la reputo una delle attrici più di talento e affascinanti almeno dell'ultimo decennio. Le voglio un mondo di bene sin dal primo capitolo del Signore degli Anelli: la sua Galadriel ha conquistato tutti.
In questi anni ha dato prova di grande versatilità: ha interpretato ruoli intensi e drammatici come in "Carol" e "Elizabeth", ruoli brillanti come in "Blue Jasmine" (per cui ha meritatamente vinto un Oscar) e ci ha addirittura regalato interpretazioni comiche, come in "Cenerentola" (la sua matrigna è la cosa più bella del film). Ha saputo persino salvare, nel suo seppur banale ruolo da villain, un film non eccellente come il quarto Indiana Jones. Speriamo faccia altrettanto con "Thor: Ragnarok", in cui interpreta la cattiva Hela.
Questo suo invidiabile talento viene mostrato in tutto il suo splendore in "Manifesto", film unico nel suo genere.

Nata inizialmente come esibizione artistica in forma di video-installazione multischermo e messa in mostra nel 2015 all'Australian Centre for the Moving Image, per opera del regista Julian Rosefeldt, quest'opera è stata rimontata in versione cinematografica per i cinema di tutto il mondo. Qui a Roma è stato inizialmente possibile vedere "Manifesto" solo dal 23 al 25 ottobre, ma grazie al successo ottenuto, nei cinema Greenwich e Giulio Cesare la proiezione è stata estesa fino al weekend, se non almeno fino al primo novembre (al Greenwich).

La protagonista assoluta della pellicola è Cate Blanchett: la vediamo sia fisicamente che sotto forma di voce narrante. Il film non è stato doppiato, quindi è possibile sentire la sua voce naturale, che io trovo molto espressiva e ammaliante.
La caratteristica sensazionale di "Manifesto" è che la Blanchett interpreta la bellezza di 13 ruoli, tutti diversi tra loro: tra i più interessanti, l'insegnante di danza, il senzatetto, la punk piena di tatuaggi, la marionettista, la mamma conservatrice, la CEO, o amministratrice delegata (che chiama tutti "darling") e la vedova che tiene un discorso in onore del defunto.  Menzione speciale alla giornalista, di nome Cate, che dialoga con la sua inviata sotto la pioggia, anch'essa di nome Cate. La ciliegina sulla torta è che, ovviamente, la Blanchett interpreta entrambi i ruoli.
Simpatici cameo del marito della Blanchett, Andrew Upton, e dei suoi figli, nei panni della sua famiglia, nella scena della madre conservatrice. Sembrava di assistere a un momento genuinamente famigliare.
La recitazione è impeccabile, anche quando recita solo come voce. Ogni ruolo è differenziato dagli altri e la Blanchett usa tanti modi di parlare, accenti e tonalità, dando vita a momenti drammatici e comici. Meriterebbe un Oscar per ogni ruolo.

La struttura narrativa è interessante: ogni personaggio è protagonista di una sua scena. Queste scene si susseguono senza un legame preciso, alcune vengono svolte in più parti. Mi piace il fatto che siano state maggiormente ambientate in momenti quotidiani, come il pranzo in famiglia, il lavoro o le prove di uno spettacolo.

Il contenuto è ancora più particolare: i dialoghi delle scene non sono ordinari, ma sono tratti da vari celebri manifesti artistici e politici. Non credo che succeda spesso che una maestra istruisca i suoi giovanissimi alunni citando Lars Von Trier o Werner Herzog...per non parlare della madre che, al posto delle solite preghiere prima del pasto, elogi Oldenburg, imponendo a marito e prole di fare altrettanto.
Tra gli altri tanti artisti e non, vengono citati Marx, Marinetti, Fontana e Kandinsky, ma i nomi omaggiati sono davvero tanti.

Le storie sono molto diverse, in termine di ambientazione. Ci sono luoghi borghesi, teatri, modeste discariche in cui il personaggio lavora, laboratori molto futuristici e anche posti desolati e distrutti dalla guerra. Insieme alla bravura della Blanchett a rendere ogni personaggio peculiare, gli ambienti dettagliati e variegati hanno aiutato ogni scena a risultare unica.
Musiche non numerose, ma suggestive, sopratutto la melodia ricorrente che è anche parte della sigla di apertura in cui vengono introdotti i tanti nomi illustri omaggiati.
La scena finale conclude questa particolare opera con grande efficacia, grazie all'unione di tutti i personaggi.

Per quanto sia bello, questo film non è per tutti: nonostante non duri tanto (90 minuti), alcune scene sono un po' lente e i contenuti dei dialoghi lontani dall'essere leggeri e di facile comprendonio.
Da vedere se siete fan dell'arte in generale o di Cate Blanchett. Io sono andato al cinema principalmente per lei, quindi in alcuni passi ho trovato la pellicola "noiosa", ma ogni argomento toccato mi ha comunque intrigato.

Come ho già detto, mi sono trovato davanti un film unico nel suo genere. La cosa che mi ha colpito di più è la bellissima unione tra regia, scenografia e recitazione, sicuramente nata dalla grande fiducia tra Rosefeldt e Blanchett. È difficile dirigere un'opera con un solo attore e qui il risultato è magistrale.
Standing ovation per una delle migliori attrici del panorama cinematografico moderno.

RedNerd Andrea

Momenti preferiti: la vedova (grande pathos), la giornalista (momento di ironia pura, come nella scena dell'insegnante di danza), la punk (trasformazione micidiale dell'attrice) e il vagabondo (scenografia e atmosfera di grande impatto, più la possibilità di vedere la Blanchett interpretare un uomo).

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